• 07
  • Gen

(Vom) Sarebbe bastata la foto della band, in posa e truccata stile pirati della periferia dei Caraibi, per giustificare il velo di silenzio. Invece no. Il cd mi arriva con un foglio di presentazione che merita menzione.

In un angolino a sinistra leggo PUNTI DI INTERESSE e di seguito (trascrivo):

- Uno dei gruppi più innovativi d’Italia

- Molto attivi live, popolarità crescente

- Grande maturità artistica

- Prodotto professionale

- Coinvolgenti anche per chi non ascolta rock

Ecco, a questo punto ci starebbe una pernacchia fragorosa. Ero tentato di spaccare il cd ma poi ho pensato che forse il matto che si occupa del loro press kit avesse fatto tutto alle spalle della band. Sia mai che i Black Bones abbiano davvero inventato la ruota. Tentar non nuoce… e invece nuoce, porca troia.

Si spacciano per un gruppo che fonde punk, folk, metal e hard rock. Per carità, è vero, peccato che lo facciano alla maniera dei Negrita. Il brano iniziale e gli arpeggi acustici che schiaffano qua e là fanno rimpiangere i peggiori Modena City Ramblers, altro che folk. Un carosello di tamarraggine imbarazzante, che non avrei apprezzato neanche a 8 anni sulle autoscontro.

Trascrivo nuovamente, perché le parole seguenti meritano di passare agli annali: “La miscela di questi elementi ha portato alla nascita di un nuovo genere, il Pirate Rock, un rock duro e potente ma anche in grado di incantare con le sue melodie”. Se vabbé.

Ci vorrebbero i Running Wild per sciogliere l’eyeliner di questi Black Bones. Si salvi chi può.

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