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(Vom) L’adorato J. Tex e la sua etichetta mi sbatte sul piatto il terzo disco degli Untamed, trio danese devoto all’occulto da cartolina, che evocano frullando garage punk, country, rockabilly e tutti quei suoni che se li ascoltate al contrario sentite Lucifero che vi ordina di praticare un rimjob al Papa. Avete capito, no? Il numero di telefono della bestiola, insomma. Morte danzigosa, quindi. Ops, intendevo dire deliziosa. Così si intitola il discolo ed è un gran piacere. Perverso, da cripta ma anche da veranda nella prateria, con salopette unta e banjo a tracolla. Spazia dall’up-tempo forsennato al walzer luttuoso, con un armamentario che comprende un piano orgogliosamente honky tonk e dei cucchiai rubati a Spoonman (R.I.P.). Un disco profondamente paludoso ed americano e quindi, stando alla storia recente di queste sonorità , neo-europeo, con Voodoo Rhythm ed Heptown a dettar legge.
Mostrate il ditone ai neverending tours di Fuzztones o Demented Are Go e pregate affinché gli Untamed si degnino di considerare questa triste terra. Tenete inoltre presente che il chitarrista/cantante si chiama Marco Burro! Kapeesh’? Marco Burro! Con un nome del genere you can’t go wrong. Un po’ come Damon Hill! Ricky Tractor! Pasqualino Settebellezze! E allora daje, Burro, dajeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!
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