Archive for Recensioni

Fogna - S/t - CD e.p.

Giovedì, Maggio 6th, 2010

(Vom) Capita talvolta che questa cloaca maxima chiamata Italia nasconda tesori inaspettati. Come un sentiero remoto battuto da pochi, così l’e.p. dei Fogna svetta nel panorama odierno con la sua brutale carica ansiogena. Quando ormai disperavo di trovare un gruppo hardcore/d-beat nostrano che non fosse  la parodia della parodia di una pagliacciata, attraverso la californiana Bat Shit mi sono imbattuto in questi due ragazzi siciliani. Mai sia che alle voci originali sia dato il giusto tributo in patria, ci vuole una etichetta  americana a sbatterci sotto il naso i talenti e farci vergognare della nostra cecità.
Chitarra, voce, basso e drum machine, quest’ultima ingrediente salvifico che conferisce marzialità anni 80 al loro hardcore di scuola vecchissima. Il rantolo amplificato snocciola immagini evocanti caos, suicidio, follia. Rabbia come un ruggito, contro l’ipocrisia di Stato e Chiesa (con la c minuscola e Maiuscola). Screams from the gutter, anche se i “vampiri sociali” si tapperanno le orecchie. Il post punk crepuscolare dei Christian Death – la cui eco è ben udibile nell’intro e nell’outro - ha figliato con l’urgenza dei 5° Braccio, Stinky Rats ed Eu’s Arse.  Seppure le coordinate siano differenti, grazie ad alcuni stacchi perentori e all’enfatico salmodiare, alla mente torna anche quel capolavoro che è il 12” ‘Crisi di valori/Nazioni” dei Disciplinatha.
L’e.p. è stato stampato in cd (300 copie) che potete/dovete ordinare inviando 1 euro ai contatti che troverete in fondo a questo articolo. La Bat Shit si sta preoccupando di pubblicare questo bel dischetto su di un formato più consono, ovvero un bel vinile 7”.

Ho chiesto a Pio – chitarra e drum machine – di farmi una breve cronistoria della band. Ecco a voi quello che ha da dirvi:

Il progetto nasce nel 2004-2005 da una mia idea di suonare punkhardcore marcio, con atmosfere un po’ oscure, un po’ noise. A Siracusa non c’è una scena punkhardcore, quindi è impossibile trovare gente; fortunatamente nel 2004-2005 mi sono trasferito a Palermo per l’università ed ho conosciuto Elio, anche lui lì per motivi di studio, e proveniente da Mazara del Vallo, città come Siracusa totalmente priva di scena; Elio, proprio come me, è un grande ascoltatore di musica d’ogni genere, ma con una predilezione per l’ambito metal, postpunk e hardcore.
Gli feci ascoltare i pezzi e, con molta lentezza li registrammo, a causa di impegni e rotture di cazzo varie, tanto che l’e.p. è uscito nel 2009, ma i pezzi risalgono a 4 anni prima. Eheheh!
La scelta di utilizzare la drum-machine è dovuta sia alla necessità di sbrigarci, sia perché ad un certo punto, ormai abituati a quel suono, ci venne a piacere. Le musiche le compongo tutte io, mentre dei testi se ne occupa il primo di noi che ha qualcosa da dire. Nell’e.p. “Merda come l’oro” ha un testo mio, mentre “Insonnia”,”Carcasse senza testa” e “Brucia tutto intorno” sono testi di Elio! Abbiamo registrato con un 4 piste a cassetta, e tutti i prossimi lavori saranno fatti così; abbiamo già molti altri brani pronti, almeno per altri due o tre e.p. In questi giorni stiamo iniziando a registrare il nuovo e.p. dal titolo “Lo specchio della morte”. La batteria stavolta sarà vera, suonata da un mio amico siracusano che, nonostante non suoni punkhardcore, a d-beat non è messo niente male! Per quanto riguarda Onehundredirty records, è il nome che diamo e daremo alle produzioni nostre ma non solo: dischi autoprodotti, con sound marcio e registrazioni tendenti al lo-fi trikki trakki e bombe a mano. Prima o poi farò un sito per ‘sta etichetta!

Io ed Elio abbiamo anche un altro progetto insieme, chiamato Jealousy For The Dead, improntato sul death rock postpunk, dark etc. etc, sempre drum machine(stavolta voluta), chitarra e basso! Non abbiamo ancora un Myspace. Presto inizieremo un altro progetto parallelo… blackmetal lofi antitecnico, eheheh.

Altri nostri progetti:

Elio: Psycopath Witch (black/death metal - http://www.myspace.com/psycopathwitch) e Vermaio (grind, sperimentale, onemanbandproject)

Pio: Junekills (rock,postpunk,noise, onemanband); Snakesambassador (http://www.myspace.com/snakesambassador), in cui suono la batteria e quel che capita (rock acido, e quello che ci salta per la mente); un altro progetto onemanband deathrock postpunk che ancora non ha nome ma solo brani.

Contatti:

http://www.myspace.com/fognahc

Greedy Mistress - A compulsive need of you - CD (Point Break Society)

Mercoledì, Aprile 28th, 2010

(Vom) Che per i Greedy Mistress siano passati anni importanti è innegabile. Li avevamo lasciati con un buon primo album orientato verso il selvaggio hard-punk a rotta di collo, mentre ora “A compulsive need of you” evidenzia un notevole inspessimento tecnico e una accresciuta capacità di modellare brani genuinamente calorosi. Tra tempi più pacati e raffiche simil hardcore, ciò che lascia realmente il segno sono i riff di chitarra, una linea trasversale che congiunge Detroit all’Orange County: il crescendo di “It’s only getting worse” o l’intera impalcatura di “Don’t take it personally”, giusto per citare due esempi.

Il disco in sé, pur con tutte le migliori intenzioni, non riesce però ad avvincere, privo com’è di idee realmente ficcanti o, più semplicemente, refrains imperituri. La pecca maggiore purtroppo è il nuovo cantante, monocorde e, cosa difficilmente digeribile, con una pronuncia dell’idioma anglosassone piuttosto imbarazzante. Sorry, ma per me è un ostacolo insormontabile. In un genere così fortemente caratterizzato e di matrice brutalmente americana, il guizzo è indispensabile e la solidità del cantato è una conditio sine qua non.

Intercettateli live, dimensione nella quale immagino diano il meglio.

Contatti:

http://www.myspace.com/greedymistress

Sabato, Aprile 3rd, 2010

(Vom) Nel caso abbiate vissuto nella grotta fino ad ora, vi rimando all’articolo/intervista ai McRackins pubblicato su un vecchio di numero di Bam!

Qualcuno trova ridicoli dei quarantenni che, imperterriti, continuano a travestirsi e suonare pop punk? Se così fosse siete pregati di togliervi dai piedi, non ho tempo da perdere.

Un progetto anacronistico come quello dei 3 canadesi, in anni in cui non si sa più cosa inventarsi, è una vera boccata di freschezza, concettualmente e musicalmente. Nonostante lo tsunami di produzioni con cui ci hanno travolto, con il nuovo “It ain’t over easy” fanno il colpaccio, ritrovando un’ispirazione che li fa suonare più umani. La formula è la medesima, con la differenza che tra i solchi si respirano rughe, rammarichi ed il desiderio di rimettere in circolo il proprio passato. Non sono mie folli speculazioni; i testi sono lì per essere letti. “Dear life” è un piccolo colpo al cuore e la titletrack riassume con candore gli ultimi loro e nostri 16 anni. Hard boiled to the core.

Contatti:

http://www.myspace.com/mcrackins

Locators - S/t (Heptown records)

Sabato, Aprile 3rd, 2010

(Vom) Dalla nuova band di Simon, ex bassista dei Gorilla Angreb, era lecito aspettarsi molto di più. I Locators, nei quali si occupa di voce e basso, sono un semplice divertissement in cui gioca anche un Nekromantix. Va bene che it’s only rock’n’roll ma alla lunga la stessa minestra stanca. Qua e là sbucano palesi riferimenti ai grandi nomi del punk rock, Ramones su tutti, non aggiungendo però alcunché all’antica ricetta. Sfiancanti la maggior parte dei brani, in cui la ripetizione assillante del refrain mette a dura prova la pazienza. Si salvano qua e là soluzioni vicine al rock newyorkese dei 70’s, come ad esempio “Mesmerized” che profuma di Tuff Darts. Piacevole anche “Demons coming my way”, pop e bop come Spector comanda.

Nel complesso un album pallido ma non da censurare.

Contatti:

http://www.myspace.com/locators

http://www.myspace.com/heptownrecords

VIRUS / DOTS - 7″ split (Depression House…)

Martedì, Marzo 9th, 2010

(Vom) Come raggiungere la vetta del K2 e farla finita con una bella iniezione di eroina. Una botta di ossigeno che ti stordisce, ti lancia euforico verso mondi paralleli in cui il coraggio e l’illuminata strafottenza di bands come Virus e Dots sono finalmente comprese ed addirittura imitate. Un disco, due lati, due gruppi, un certo numero di figli di mignotta. Il Virus è punk, se proprio volete, ma è molto di più. Un bel vaffanculo, innanzitutto. Big babol nei capelli. Zucchero nei serbatoi. Cazzi nel culo. Pussy galore a manetta e una personalità spiccata, che dal blues punk scarno prende il LA per raccontare inintelligibili storielle di disagio e sbeffeggio. “He He He He” entra di diritto nelle mie canzoni spastiche preferite di sempre, assieme ad “Ack ack ack” degli Urinals. Si volta faccia e ci si imbatte in quello che per me rimane IL miglior gruppo punk che abbia allietato l’asfissia musicale italiana degli ultimi anni. I Dots, rurali mentecatti che avevano un loro suono e massaggio distintivo. Queste quattro tracce sono postume - e di questo mi dolgo - ma sono all’altezza di quelle pubblicate sul singolo made in Kenrock. Le prime due sono figlie dell’allucinata distrofia compositiva del Gara, chitarra e vox populi. “You fake!” e “Fog walls” invece hanno l’evidente marchio di fabbrica Andrew Tee, bassista ed altra voce, più dirette e tupatupa alla Dean Dirg. Altro non riesco a dire. Voglio bene a questi ragazzi, a questo disco e alle persone che sono dietro a questa importante cordata produttiva. Comprate o morite male.

Contatti:

http://www.myspace.com/virusvive

http://www.myspace.com/idots

http://www.myspace.com/depressionhouserecords

http://www.myspace.com/avantrecords

http://www.myspace.com/rijapovrecords

http://www.myspace.com/surfinkirecords

Ecc.

Satàn - Satàn 7″ (Shit Music For Shit People)

Lunedì, Gennaio 25th, 2010

(Vom) I Satàn debuttano ricoperti di carta da pacchi, sulla quale svetta una sempre apprezzata croce rovesciata. La mano responsabile di cotanta beltade grafica è quella di Paula H., già conosciuta dai saggi possessori di Bam! Magazine #7. Paula ed Arthur, un progetto equamente diviso tra Italia e Francia, egalité e fraternité, insomma. Il 7” sia apre lussuriosamente con “Lick my feet”, con una Paula incalzante e sinistra a dirigere un sex beat italo-fransè. “Loin de moi” invece è la calma nostalgica, perché post coitum omnia animalia tristia sunt e blah blah blah. Insomma, si tira il fiato, si sospira e magari ci si fa una doccia. “More funny than a mini horse” è il numero più riuscito, delicato ed acidulo r’n’b che ha dalla sua la simpatia suscitata dalla pronuncia naif di Arthur. Il commiato è lasciato a “Satàn”, sulla scia di quel garage-synth-tricchetracche alla Catatonic Youth o Yussuf Jerusalem.

Nel complesso un bel piccolo dischetto. Affrettatevi perché le copie sono solo 300. L’illustrazione è disponibile in 3 differenti colori: nero, rossa o argento!

Contatti:

http://www.myspace.com/jeanclaudesatan

http://www.myspace.com/shitmusicforshitpeople

Sonic Avenues - S/t (Going Gaga records)

Lunedì, Gennaio 25th, 2010

(Vom) Sull’onda dell’euforia decido di scrivere lodi a questo disco solo un’ora dopo averlo ricevuto. Quante volte avete sognato una cascata di armonie impeccabili al millimetro, sorrette da vigore punk rock sulla falsa riga dei Pointed Sticks? Se la risposta è MAI, vi prego di allontanarvi immediatamente dalla mia vista. Se invece avete rizzato le antenne nel leggere il nome dei geni di Vancouver, allora i canadesi Sonic Avenues daranno una svolta a questo vostro triste e gelido inverno. Ventisette minuti di saliscendi vocali, chitarre jingle-jangle memori della miglior tradizione, un impianto ritmico con muscoli e polmoni da maratoneta. Potrei citare ognuna delle 10 splendide canzoni, ma avrebbe poco senso. Immaginate il primo singolo dei californiani Powerchords moltiplicato per 5, con tanto di sporadiche spruzzate di hammond. Scusate la fretta, ma sono impaziente di avere le mani libere per poter riprendere il forsennato air-drumming. Disco fantastico! Se non lo comprate siete più grigi di Murky, il nemico di Iridella.

Contatti:

http://www.myspace.com/sonicavenues

http://www.myspace.com/goinggagarecords (procuratevi anche il resto del catalogo, con particolare attenzione per i White Wires)

Black Bones - Pirates of the Coast

Giovedì, Gennaio 7th, 2010

(Vom) Sarebbe bastata la foto della band, in posa e truccata stile pirati della periferia dei Caraibi, per giustificare il velo di silenzio. Invece no. Il cd mi arriva con un foglio di presentazione che merita menzione.

In un angolino a sinistra leggo PUNTI DI INTERESSE e di seguito (trascrivo):

- Uno dei gruppi più innovativi d’Italia

- Molto attivi live, popolarità crescente

- Grande maturità artistica

- Prodotto professionale

- Coinvolgenti anche per chi non ascolta rock

Ecco, a questo punto ci starebbe una pernacchia fragorosa. Ero tentato di spaccare il cd ma poi ho pensato che forse il matto che si occupa del loro press kit avesse fatto tutto alle spalle della band. Sia mai che i Black Bones abbiano davvero inventato la ruota. Tentar non nuoce… e invece nuoce, porca troia.

Si spacciano per un gruppo che fonde punk, folk, metal e hard rock. Per carità, è vero, peccato che lo facciano alla maniera dei Negrita. Il brano iniziale e gli arpeggi acustici che schiaffano qua e là fanno rimpiangere i peggiori Modena City Ramblers, altro che folk. Un carosello di tamarraggine imbarazzante, che non avrei apprezzato neanche a 8 anni sulle autoscontro.

Trascrivo nuovamente, perché le parole seguenti meritano di passare agli annali: “La miscela di questi elementi ha portato alla nascita di un nuovo genere, il Pirate Rock, un rock duro e potente ma anche in grado di incantare con le sue melodie”. Se vabbé.

Ci vorrebbero i Running Wild per sciogliere l’eyeliner di questi Black Bones. Si salvi chi può.

The Untamed - Delicious death… (Heptown)

Mercoledì, Gennaio 6th, 2010

(Vom) L’adorato J. Tex e la sua etichetta mi sbatte sul piatto il terzo disco degli Untamed, trio danese devoto all’occulto da cartolina, che evocano frullando garage punk, country, rockabilly e tutti quei suoni che se li ascoltate al contrario sentite Lucifero che vi ordina di praticare un rimjob al Papa. Avete capito, no? Il numero di telefono della bestiola, insomma. Morte danzigosa, quindi. Ops, intendevo dire deliziosa. Così si intitola il discolo ed è un gran piacere. Perverso, da cripta ma anche da veranda nella prateria, con salopette unta e banjo a tracolla. Spazia dall’up-tempo forsennato al walzer luttuoso, con un armamentario che comprende un piano orgogliosamente honky tonk e dei cucchiai rubati a Spoonman (R.I.P.). Un disco profondamente paludoso ed americano e quindi, stando alla storia recente di queste sonorità, neo-europeo, con Voodoo Rhythm ed Heptown a dettar legge.

Mostrate il ditone ai neverending tours di Fuzztones o Demented Are Go e pregate affinché gli Untamed si degnino di considerare questa triste terra. Tenete inoltre presente che il chitarrista/cantante si chiama Marco Burro! Kapeesh’? Marco Burro! Con un nome del genere you can’t go wrong. Un po’ come Damon Hill! Ricky Tractor! Pasqualino Settebellezze! E allora daje, Burro, dajeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!

Contatti:

http://www.myspace.com/theuntamed

Kernel - Servant Of God (Punishment 81 records)

Mercoledì, Gennaio 6th, 2010

(Vom) Kernel. Già, sono gli stessi Kernel che ormai dieci anni fa suonavano un hardcore punk su cui non mi pronuncio. Con moderata sorpresa me li ritrovo nel 2009 in veste semi-thrash metal. Lo dico da subito. Sono spanne meglio di un tempo, in questa cupa incarnazione. L’apertura affidata a “Child” è precisa e poderosa, con un drumming non fantasioso ma comunque millimetrico ed efficace, riff strappacuore ed assoli creativi . Il tachimetro indica velocità discrete ed il loro metal cimiteriale mi ricorda i Coroner o, inevitabile, gli Slayer. L’intero disco è una buona prova, in bilico tra tradizione e staccati mosh e cadenzati (purtroppo) memori di una tradizione tardo anni 90. Se confrontati ad altre formazioni italiane non posso che riconoscere loro il merito di non essere saliti sul carrozzone del thrash for fun, che ora spopola tra grandi e piccini. Non si parla di birra e l’entroterra hardcore risulta evidente dai temi trattati e dalla scelta di includere due brani nella nostra lingua. Inizia ora la nota dolente. Il cantato. Un growling costante, uno sforzo troppo palese ed innaturale, unito ad una pronuncia dell’inglese che bisognerebbe assolutamente perfezionare. Per questo motivo “Falsi liberi” e “Il mio destino”, le canzoni in italiano, sono da considerare germogli di cui i Kernel si devono prendere cura, per distinguersi e possibilmente aprire una nuova via, a patto che ai testi ci si dedichi con maggiore attenzione, evitando frasi che ora come ora paiono haiku esistenzialisti da oratorio. Luci ed ombre, certo, ma degli ascolti “Servant Of God” li merita comunque.

Contatti:

http://www.myspace.com/kernelthrash