(Vom) Se cercate un’etichetta schietta, trasparente ed onesta non andate oltre: la Tornado Ride, anche quando non incontra i miei o i vostri gusti, rimane una delle scelte migliori. La label emiliana è infatti una delle poche che trasuda devozione alla causa rock’n’roll, lontana dalla grettezza plastificata dei tanti trasformisti che bazzicano il punk italico.

Della sua recente sfornata di pubblicazioni comincio col segnalare “Comeback Tour” dei Martinets, buona band con Daniel Rey al basso. Se non sapete chi è, andate qua, ché facciamo prima: www.google.it. Chi non è in cerca di innovazione a tutti i costi, rimarrà gradevolmente colpito da questa raffica di onesto rock. Di volta in volta ci si può aggiungere i suffissi punk o power, ma nel complesso l’atmosfera è quella di un buon lavoro memore di Stones o Doughboys. I riferimenti sono mille altri, e ciò nonostante la personalità dei Martinets ne fuoriesce intatta. Se per voi “punk” fa rima con “malinconia”, allora non aspettate oltre.

I Reverend Backflash fan parte della schiera di hard punkers che guardano, attraverso lenti scandinave, al passato dell’hard e del glam. Hanoi Rocks per la prepotenza delle melodie, Gluecifer per il peso specifico delle chitarre. Se non si fa caso al canonico immaginario da “sleazy rock band” – qui ancor più stridente, trattandosi di una band austriaca! – ci si può godere in scioltezza “Who’s the man?!”. Gran produzione, cura maniacale dei particolari, bridges studiati al millesimo e refrains che in buona percentuale si fischiettano con piacere… cosa rara! “Hit It Home”, “Another Part Of Town”, “Say Hello” ed altre. Sinceramente, un disco che raccomando anche a chi non usa l’eyeliner.

“Punch” è il nuovo album dei Wild Week-End, una delle formazioni più genuinamente punk rock del nostro lurido stivale. I tre continuano a sfoderare rock massiccio di impronta decisamente americana. “Sold My Soul” è una bomba che pare uscita dalle tasche dei Dictators, ma anche il resto scorre rapido, robusto, dosando con attenzione ceffoni e melodia. Chi sente la mancanza di bands come i Nervebreakers si divertirà parecchio, a patto che sorvoli su due aspetti: A) l’eccessiva durata: questa è una mia fisima, I know, ma verso la decima traccia ero già sazio; B) la pronuncia inglese, che quando fa capolino prepotentemente in “The Teacher Gives Me an A”, mette i brividi… se però era una gag volontaria, sorry, ma non capendo mezza parola del testo non l’ho colta.

Per ultimo lascio Lester and the Landslide Ladies, formazione attiva già da alcuni anni, che con Estranged In Ladyland” (registrato nel 2009) sembra iniettare hard-rock nella poesia urbana di Warren Zevon. Canzoni brevi, incisive, con idee pop non scontate, che però sono parzialmente rovinate da una produzione non all’altezza e da volumi sbilanciati, soprattutto per quanto riguarda la traccia vocale. Con maggiore attenzione ai suoni sarebbe stato un disco ancor più gradevole. Comunque al di sopra della media.