Archive for Recensioni

Forever Pavot - S/t 7″ (Frantic City)

Giovedì, Luglio 25th, 2013

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Da Parigi mi arriva per posta la visione di un mondo sonoro fuori dal nostro tempo. Forever Pavot annega il medioriente nell’acido 60’s, e, poiché in Francia il cinema non è gioco natalizio come a casa nostra, ce lo serve con una grandeur immaginativa memore dei nostri kaleidoscopici Romano Rizzati e Girolamo Ugolini.

Un 7” inizialmente pubblicato in proprio in sole 50 copie, immediatamente esaurite. Entra quindi in gioco l’impeccabile Frantic City che, giustamente innamoratasi del progetto solista d’Emile (Arun Tazieff), lo ristampa con l’aggiunta di due inediti che rendono ancora più pingue il già lauto banchetto.

Avete mai guardato attraverso il buco della serratura del villa del Priorato di Malta sull’Aventino a Roma? Se l’avete fatto capirete la sensazione straniante di trovarsi davanti a qualcosa di inaspettato, una prospettiva carica di simbologie ed arcani studi architettonici. Attorno al buco del 45 giri ruotano ritmi e continenti exotici che il Colombo della prima traccia mai si sarebbe immaginato. Prezioso!

Ascoltatelo in streaming e poi clickate BUY: http://foreverpavot.bandcamp.com/

BAZOOKA - S/t - CD (Slovenly Records)

Mercoledì, Giugno 26th, 2013

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(VOM) “Summer song” e “Mountain S.A.”, due estremi di un segmento che unisce coordinate uànciùtrìfòr e trip di blues cocainico come piaceva alle vene di Jagger & Richards. Il primo LP dei greci Bazooka è un Big Jim multifaccia che riassume decenni di garage-punk, dall’ossessività dei Birthday Party via via indietro fino agli struggenti gioielli di “Love is a sad song”. Dimenticate la goliardia di un vecchio singolo come “I want to fuck all the girls in my school”, perché ora il clima è pesantissimo, da lutto in famiglia. Immaginate i migliori Black Lips senza più voglia di ridere, improvvisamente imbottiti di un poderoso senso del tragico. Pathos, rabbia, molotov pop nella faccia. Tra i dischi da avere e ricordare. Buio.

<a href=”http://slovenly.bandcamp.com/album/bazooka-self-titled-lp” mce_href=”http://slovenly.bandcamp.com/album/bazooka-self-titled-lp”>BAZOOKA &quot;Self Titled&quot; LP by Bazooka</a>

WHITE FANGS - S/t LP (Frantic)

Giovedì, Marzo 21st, 2013

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(VOM) Un incipit come Drug War ti setta già nel mood giusto. Che poi la guerra sia per scovare l’ultima vena buona o sconfiggere chissà quale invincibile narco, è un altro discorso. Incuranti di innovare un suono da tempo scolpito nell’immaginario sixties, i White Fangs si prodigano nel mostrare il lato sordido del punk garage, quello in cui vengono ammonticchiati jack rotti, bacchette scheggiate, cadaveri di batteristi inetti presentatisi alle audizioni.

Si fa gran sfoggio di riverbero e amenità gracchianti, con il Terzo Occhio Texano ben spalancato ma mai a discapito della forma canzone, con tutti i crismi semi-eufonici che ne conseguono. A conti fatti, non vi ritroverete tra le mani l’ennesimo clone dei Makers o – che dio me ne scampi – dei Satelliters che furono. Anzi, è probabile non vi ritroverete proprio nulla tra le mani, visto che il vinile ha una tiratura di sole 300 copie, ma la fatica di procurarvelo potrà appagare la sete di genuinità rock. Genuinità che in Midnight Jock corre a briglie sciolte, come nei Mortars d’antan.

Se poi non ne avete avuto abbastanza di queste 10 tracce, procuratevi l’altra loro recente uscita, sempre su Frantic, ovvero il 7” split con i Warm Toy Machine.

STREAMING: http://franticcity.bandcamp.com/album/frantic-021-white-fangs-lp

THEE OOPS - Happy Charlie EP (Slovenly)

Martedì, Febbraio 19th, 2013

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Tra dimissioni paracule vendute come decisioni di “devastante modernità” (per i nostri coglioni, probabilmente) e derive mielose/simpatiche nell’hardcore, l’e.p. degli Oops porta speranza nei nostri amplificatori. Apparenti cazzoni da bar, non esagerano con l’ingrediente Meatmen, mantenendo le coordinate piuttosto fisse attorno all’orbita diversamente-seria degli Authorities. Fast rock’r’oll, come piaceva precisare a Jim Weber, bignami di sberleffi a 1000° e divertimento che molti hanno già assaporato nel 2011 con il quasi inno “Death To Brunetta”. Il nuovo dischetto non si allontana dalle pasticche rock accaccì di “Taste Of Zimbabwe” e la bontà della loro fatica è garantita dai 20 giri in loop che il cd ha fatto quando l’ho inserito la prima volta nell’autoradio. Pedale pigiato, pugni contro il cruscotto fermo al semaforo (l’equivalente zingaro-hc del gomito fuori dal finestrino) e la fenomenale traccia introduttiva che se non stai attento sembra ripetere all’infinito NAZI NAZI FOUR!

Happy Charlie” esiste anche in doppio 7” e nel mucchietto hanno inserito una cover del classico “Egg Raid On Mojo” dei Beastie Boys, quindi non avete scuse: compratelo oppure riceverete la targa Babbo di Minchia 2013 che - se siete fortunati - potrete anche rivendere su Ebay, ma fino ad allora giacerà invadente nel vostro salotto, monumento ad una tirchiaggine che non vi fa onore.

Streaming: http://slovenly.bandcamp.com/album/thee-oops-happy-charlie-ep

The Rippers – Better The Devil You Know (Slovenly Rec.)

Lunedì, Ottobre 22nd, 2012

NME nel numero di ottobre ha buttato via più di 20 pagine per commemorare il decennale di “Up the bracket” dei Libertines, che, per carità, dal vivo erano delle macchine da guerra, ma all’umanità hanno portato il cancro chiamato Pete Doherty. Detto questo, la rivista patinata inglese si fa degli autofacials con un gruppo che non ha certo lasciato ‘sto gran segno indelebile, mentre qua in Italia il nuovo disco dei Rippers rischia di rimanere relegato alle solite rubriche striminzite “Made In Italy” o cazzoneso.

Se siete abbastanza navigati/anzianotti da ricordare il loro esordio su Shake Your Ass, converrete che, in un’era in cui le band nascono e muoiono nel giro di un buffering di Youtube, i nostrani Rippers sono lì fuori da due lustri a dare calci ai vari ConIlPesce o Teatrini dei Torroni. Una carriera decennale che in Italia vale almeno doppio, soprattutto se suoni garage punk senza lustrini, con la smania immutata di chi vuole finire un concerto ricoperto di sangue e vesciche.

A riprova che i ragazzi, dopo una camionata di 7” e tre album, ormai potrebbero tenere lezioni di r’n’r per corrispondenza, è l’eccellenza di ogni singola traccia di “Better the devil, you know”, un disco studiatamente blues che necessita più di un ascolto per essere capito ed amato anche nelle sue derive acide. E, per una volta, lasciatemelo dire: il basso è una roba pazzesca. Ripper II - assieme al putiferio di armonica, stomp r’n’r, schitarrate di cristallo e una voce non più garagiosamente stereotipata - ti si avvinghia come il linguone satanico di un James Brown from the grave. Ragazze, ragazzi, se su Facebook negli interessi avete scritto rock’n’roll e non comprate questa bomba, significa che vi vestite da minchia come Pete Doherty.

Virus - Live in Lourdes 7″ (Depression House)

Martedì, Luglio 10th, 2012

Prendete una mappa e tracciate un triangolo che abbia come vertici Cleveland, Austin e Detroit. Ora trovatene il baricentro a.k.a. il punto d’intersezione delle sue mediane. Esattamente in quel punto potrebbe avere sede la crackhouse in cui i Virus sono riusciti a sintetizzare una nuova sostanza stupefacente tagliando l’eroina con dosi di Oblivians, Pere Ubu o Hasil Hadkins. Dico “potrebbe”, perché Scoia e Cesco sono italiani come un mandolino ricoperto di mozzarella e, consci di essere pecore negre assetate di rumore in una nazione r’n'rollisticamente allo sbando, ce lo ricordano nella devastata “I live in Italy”.  C’è più blues in queste quattro tracce che nell’intera discografia di Eric Fottuto Clapton. In hoc signo Virus.

http://soundcloud.com/virusvive

http://depressionhouse.blogspot.it/2012/06/dhr-004-virus-live-in-lourdes.html

Musica semplice per meduse spiaggiate

Giovedì, Giugno 28th, 2012

Sabbia che fa attrito tra genitali e costume; nani lardosi che sprizzano acqua salata sul vostro catalogo di Postal Market; deformità grinzose in bella mostra. C’è qualcosa di peggio? Poco. Niente. E poiché l’estate è foriera di tali brutture, vi fornisco un kit fatto di semplicité, musica dal basso Q.I. per evitare che il vostro nominativo compaia nei servizi sugli uxoricidi balneari. Perché si sa, dai, che la femmina ama lo sfrigolio della Lancaster, mentre il masculo - parcheggiato sotto l’ombrellone dalla propria partner, come una flaccida medusa spiaggiata - sogna di correre per i monti ricoperto di vello belluino. Ci vuole un diversivo. Munitevi di ghetto blaster e recatevi al baretto più vicino. Tassoni gelata appoggiata sull’ombelico e via di tasto play.

Per una mezz’ora di frizzantezza pop non guardate oltre: gli Outtacontroller, pur suonando nient’altro che punk rock ramonero, sono riusciti a farmi eseguire un air drumming al semaforo. Dalla loro hanno una chitarra stile sciame d’api, cori uoooooo non stucchevoli e, plus valore, una vicinanza a certe malinconie a la Lillingtons/Marked Men. C’è del divertimento, e ve lo dice uno che da più di 15 anni non riesce ad ascoltare i Queers senza che gli vengano malattie esantematiche.

I Terry Malts sono un altro gruppo rigurgitato in ritardo dal vulcano poppunk 90’s. La registrazione gracchiante, in linea con il trend odierno, è l’elemento che rende ben digeribile il disco. Se avete idea di cosa fossero le raccolte Shredder, vi avvicinerete concettualmente alla loro proposta, altalenante tra il 4/4 hey ho let’s go e la strizzata d’occhio ai lettori di Pitchfork.

Gli italianerrimi Acid Eaters tornano con aumentata sicurezza nelle proprie forze power pop’n'roll. Periodo di riferimento 1976-78, melodie ben cogitate che tengono desta l’attenzione dopo ripetuti ascolti e rinfrescano la memoria del punk rocker melomane. Non si vive di soli Exploding Hearts e Boys. 45 giri da far girare minimo minimo 46 volte. Italiani brava gente.
Dan Sartain aka accantonare il quasibilly e suonare i Ramones senza risultare irritanti. Pare incredibile, ma il fatto che sia riuscito ad ascoltare 3 volte “Too tough to live” senza spaccare lo stereo è una garanzia.

Fino ad ora gli Estrogen Highs non avevano mai servito la mia tazza di té. Fino ad ora, perché “Irrelevant future” è un bellissimo esercizio di chirurgia; ‘sti guaglioni sono riusciti ad impiantare un cuore del XXI secolo in un corpicino acoustic punk che viene da lontano. Barlumi di Desperate Bicycles, Scrotum Poles e spigolosità Sebadoh. “Status Quo (Oh No)” è l’ascolto ideale per osservare disgustati i tatuaggi degli ustionati in spiaggia, mentre si sta al riparo dai tumori alla pelle sotto un ombrellone dell’Estathé.

Il primo 7” dei Bloody Gears aveva fatto presagire scintille, ed invece ni. Chiariamo: se vi basta che qualsiasi cosa ricordi i Wipers e la ridicola capigliatura di Gregorio Sage, allora qua andate a nozze, però un conto è sdilinquirsi di nostalgia, un altro farsi andare bene qualsiasi cosa ricordi Portland. LP non sgradevole, ma una cover band di Ligabue ha più personalità. Fotocopiatori peggio degli Estranged.

Pur salvando “Going nowhere fast”, del “nuovo disco di” Joey Ramone non dico nulla perché anche lui ne avrebbe fatto a meno.

I Black Lips tirano fuori un singolo meraviglia (come se fosse una novità). “Sick of you”, titolo killed by death che invece è garage folk profumato 1966. Nel lato B infilano un bad trip che c’entra come uno spicchio d’aglio a merenda, dimostrando nuovamente che a loro “non gliene fotte niente”.

Conscio che questa stagione necessiti di linearità, mi sono limitato ad alcuni dischi che hanno la sola pretesa di intrattenere. Per nulla post, neu, glitch, cupezza, aiz. Scegliete voi, anche se, lo ammetto, io mi concederò in loop il disco bacardi di Chilly Gonzales, “Ivory Tower”, lasciando che il rock’n’roll decanti.

Teledrome - Double Vision 7″ (Hozac)

Lunedì, Giugno 11th, 2012

(Vom) Se gli osannati Cars avessero avuto un suono come quello dei canadesi Teledrome non mi sarei mai sognato di pensare “Ma come cacchio fanno quegli scassapalle dei Cars ad essere così famosi?!?

Musica punk popolare sintetica, ruvidina come pietra pomice. Drum machine tun-cià tun-cià tun-cià. Pianolina che recita ruffiani pirulì pirulà. Poche pose synth pop, ottimo artigianato da jukebox. Di meglio non chiedo. Questo 7″ e l’album di Andy Human me li schiaffo in vena finché non crepo tra le macerie .

Pangea - Killer Dreams 7″ (Lauren rec. + Ghostbot)

Lunedì, Giugno 11th, 2012

(Vom) Al diavolo i detti popolari, veri per metà. Nella botte piccola è assodato ci stia poco vino, quindi, nel caso sia buono, bisogna sborsare altre monete per comprarne un’altra. Da ciò deriva che è di gran lunga preferibile una mega botte di vino da paura, piuttosto che una piccola, perché poi ti rimane sete e devi andare dal bottarolo. Ed il bottarolo, lo sapete tutti, ha degli orari d’ufficio un po’ del cazzo, tant’è che magari rimani con la botte piccola vuota e la moglie ubriaca che russa tutta notte. No buono.
Dunque, cari Pangea (nome del menga), vedete di sparare fuori un album con minimo minimo 10 brani da doppialibidine come il rockabilly ramonero di Plasma (out of your mind), River o My Head Is Sick (sulla cassetta made in Burger). Posso concedervi giusto una lieve caduta sullo stile della ballata profumata a la Gaye Blades, ma guai a voi se rispolverate la maglietta dei Nirvana come avete fatto in quella pacchiana flanellata che chiude il 7″.

Orsù, fate a modo e cambiate nome, che questo mi ricorda quell’invertebrato del figlio di Piero Angela.

 

http://www.lauren-records.com/

http://ghostbotrecords.com/

 

Carrellata infernale di primavera

Mercoledì, Maggio 2nd, 2012

Una flebo di Maalox, por favor.

Recensori che si autorecensiscono. Musicaioli che se la suonano.  Etichettari maleducati (“Se è imbarcato forse l’hai tenuto nel baule al caldo”… sì, assieme a quella vacca di tua madre!) Incessantemente ricoperto di promo abominevoli, saturo di nausea per questo tumore di cupcakes/”stasera metto i dischi”/fashion bloggers, mi sforzo di scrivere le seguenti righe per senso di giustizia nei confronti di chi colpa non ha, e, soprattutto, per non soccombere allo schifo montante.

Guidato dal disprezzo, vi ringrazio. Grazie, quindi. Grazie ar cazzo.

Quelli che seguono sono i pochi dischi ricevuti in questi mesi che meritano menzione. Tutto il resto o non ho ancora avuto tempo di ascoltarlo oppure è merda, quindi smettetela di pungolarmi: il vostro gruppo fa schifo, scioglietevi nell’acido.

La francese Frantic City, nata in seguito all’esperienza della ‘zine omonima, mi manda due dischi, il primo dei quali cela delizie. L’ambito è quello garage folk’n’roll, fortunatamente non a bassa fedeltà. Black Lips, Tijuana Panthers e altri sberluccicanti riferimenti, financo country. Variegato e con una profondità che si presta ad ascolti dalle variegate sfaccettature. Sbucati da chissà quale bettola di Lione, i Regal hanno salvato questa ormai moribonda “rubrica”.

I Marvin Gays, dal canto loro, mi propinano un r’n’b garagioso più sguaiato, che, seppure lontano anni luce da qualsiasi cosa io abbia voglia d’ascoltare da un tot d’anni a questa parte, ha un suo perché. Un perché che si regge sull’umiltà e l’aurea mediocritas. Quanto scritto può suonare come una stroncatura, ma se tenete conto che ‘sta roba ormai mi provoca attacchi fulminanti di colite, vi assicuro che è un buon segno: a qualcuno diverso da me può piacere.

Fuori dal gregge italico spuntano i Pecora, seguendo l’onda infame di monicker senza gusto (Altro, Verme, Cacca, Topino, Mamma, Ciao, Giacomo…) Per nulla infame è invece la proposta, un intelligente, forse financo troppo, electro-calambour partorito da un cervello ex- Bava (eccone un altro). Quando non si attorcigliano in versi da ossi-di-seppia, sono indubbiamente un bell’ascoltare. Marziali, corali, synthetici e sudati. Dico support.

A Roma da qualche tempo bazzicano i Wildmen che, udite udite, suonano ritmenblùs frammisto a garage. Nulla di inedito o inaudito, ma la verve c’è e anche la percussività bodiddleyana, motivi per i quali potreste trovare piacevoli note in questo 7” d’esordio.

E’ la volta degli Idol Lips e del loro ultimo album. Anche qua mi sentirei un babbuino se volessi descrivere un suono vecchio come me e sempre più uguale a sé stesso. Comunque buon disco, in special modo se sbrodolate per l’area grigia in cui rock e punk collidono, tra Heartbreakers ed Rubber City Rebels.

I Whiskey Funeral sono un altro gruppo che difficilmente riascolterò, ma al quale do atto di avere il cosiddetto ruggito del leone. Discreto hard punk, hard rock, say what you will. Tamarri, inguardabili… imperdibili per chi ama gli stereotipi.

Stessa solfa per i francesi R’n’Cs. Un po’ di Svezia (Peterpan Speedrock) e un po’ meno di America giusta (Speedealer). Non ci sono arrivato in fondo, ma meglio loro che i Bandabardò o i neo-emo italici.

Il 7” dei Loud Squirt è sempre quella roba lì, sporco r’n’r, ma con venature aussie punk. Non male, però adesso basta.

Non so se si è capito, ma il garage punk mi ha letteralmente fatto esplodere le gonadi. Pregovi di inviare dischi di generi più frizzanti e meno paludati… mi va bene anche il baile funk. Anzi, daje col baile funk!